In questa sezione è presentata la parte importante dell’attività editoriale della Fondazione Corrado Alvaro intitolata “Studi e testi alvariani”.
Dal 1997 ad oggi, la Fondazione, ha pubblicato tutte le sue ricerche, racchiuse in un’apposita collana realizzata in collaborazione con la casa editrice Rubbettino Editore di Soveria Mannelli (CZ).
Per la prima volta vengono raccolti in antologia, e con testo critico, tutti gli scritti di Corrado Alvaro dedicati a Luigi Pirandello. Si tratta di un corpus che abbraccia un arco temporale più che trentennale: dal loro primo incontro, nel 1923, fino alla morte dell’autore, nel 1956, con il testo più celebre della serie: la cosiddetta Prefazione alle Novelle per un anno. Questa “lunga fedeltà” al magistero pirandelliano si articola in più di una trentina di interventi, che costituiscono un insieme molto eterogeneo: contributi saggistici, ma anche scritti d’occasione come cronache teatrali, elzeviri o celebrazioni (e una intervista), e, inoltre, momenti autobiografici, confluiti nelle pagine dei diari. Alvaro è interessato a tutti gli aspetti della produzione artistica di Pirandello: ad esempio, ci descrive minuziosamente l’officina dello scrittore e documenta il suo rapporto con il cinema. In questa raccolta c’è anche spazio per la polemica: quando, con l’affaire Pirandello, scoppiato in seguito alla sua adesione al fascismo, Alvaro attacca il maestro, senza fare sconti, dalle colonne dei giornali d’opposizione. Il fascino di queste pagine alvariane risiede nella visione ravvicinata e in una frequentazione intima; ed esse, più che restituirci il rigore di una definizione o uno scavo esegetico, toccano corde più profonde e ci offrono un ritratto dell’uomo Pirandello, verso cui, coll’incombere degli anni, Alvaro proietta la propria crescente malinconia.
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Il volume raccoglie tutte le pagine alvariane di Antonio Palermo: una ‘lunga fedeltà’ del critico verso il suo autore, profusa nell’arco di un cinquantennio e interrotta soltanto dalla prematura scomparsa dello studioso, giunta mentre stava lavorando al riordino dei saggi confluiti in questo libro, dal primo intervento del 1956 alla fondamentale monografia del 1967 (ora divenuta la prima parte di esso) e poi, al termine di una serie di ritorni a intermittenza su temi e problemi alvariani, al contributo letto al convegno napoletano del 2004, last but not least. Sono pagine, quelle di Palermo, che il tempo non ha scalfito e che, di contro, acquistano ancora più risalto dal loro cronologico snodarsi, perché evidenziano quanto profonda e acuminata e sagace sia stata l’indagine del critico, tra i primi (se non il primo tout court) a dimostrare la caratura europea di Alvaro come scrittore e come intellettuale e a indagarne con passione e rigore la prismaticità di scrittura.
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I saggi raccolti in questo volume non hanno l’ambizione di costituire una nuova monografia su Corrado Alvaro. Tendono, bensì, ad evidenziare temi e forme linguistiche e stilistiche che fanno di lui uno degli scrittori più prestigiosi e più europei del secolo scorso, l’operatore culturale calabrese del XX secolo più anomalo e più autentico. Alvaro ha sempre nel cuore la Calabria dei miti e dei riti, di quella Magna Grecia che la rese famosa nel mondo e le cui vestigia sono ancora presenti nell’indole dei suoi abitanti e nei resti che il tempo ha saputo risparmiare. Straordinario rabdomante dell’animo umano, Alvaro conosce, ed esplora, i pregi, e i difetti, della sua gente e, calandoli nei suoi personaggi, li sublima e li trasfigura in categorie dello spirito, liberando, in buona misura, l’animo del calabrese e, in generale, dell’uomo del Sud, dal senso cupo, amaro, fatalistico della vita e degli eventi. Di qui la sua contemporaneità e la freschezza della sua scrittura.
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Nati nel convegno tenutosi nella Calabria ionica dal 26 al 28 aprile 2002, i contributi che compongono questo volume orbitano, in due distinte sezioni, su Alvaro e Pavese e, al tempo stesso, indagano su una affascinante tangenza di ordine non solo tipografico, data da una nascita (Alvaro a San Luca) e da un confino politico (quello di Pavese è imperniata sull’Alvaro maestro assoluto del ”narrar breve”, quella pavesiana sulle ripercussioni che quella breve permanenza ebbe sulla sua opera, e sulla poesia in particolare. Ne scaturisce un percorso storico-critico che interseca due orbite, due scritture diverse ma congiunte dalla fascinazione del e nel mito. Premio Grinzane Cesare Pavese 2007
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A cinquant’anni dalla morte (1956), Corrado Alvaro resta uno scrittore sotto molti aspetti impenetrabile e da troppi ancora sconosciuto. Un suo compaesano, p. Stefano De Fiores, primo presidente della Fondazione Alvaro, si è preoccupato di offrire un contributo alla conoscenza dello scrittore, prendendo in considerazione la sua produzione letteraria e cercando di penetrare nella sua personalità secondo una metodologia sincronica e diacronica. Si snodano uno dopo l’altro l’itinerario culturale che ha condotto Alvaro dalla civiltà pastorizia al mondo tecnologico e quello religioso che lo ha guidato dalla pietà popolare al cristianesimo laico. Segue una sintesi dei molteplici approcci della critica letteraria alle opere di Corrado Alvaro, sottolineando mediante accurata ricerca i suoi rapporti con la cultura cattolica. Del tutto inedita l’analisi narratologica di «Madre di paese» che fa emergere l’articolata struttura inconscia di questo inarrivabile racconto. Le lezioni di vita che promanano dall’opus alvariano, in particolare dalla lungimirante e tragica distopia Belmoro, tendono a difendere gli esseri umani dall’individualismo egoistico che sfocia nella barbarie e nella disumanità, perché s’incammini verso un’etica comunitaria, accogliente e dialogica.
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